Primo febbraio 1980 — American Gigolo

Quarant’anni fa nelle sale americane usciva American Gigolò, il film scritto e diretto da Paul Schrader con Richard Gere nella parte del protagonista Julian.

Nel suo ultimo libro, Bianco, Bret Easton Ellis ricorda così l’influenza che quel film ebbe sul suo immaginario artistico:


A posteriori, l’impatto che American Gigolo ha avuto su di me è impossibile da quantificare, e non si tratta della grandezza del film — non è un gran film, cosa che trova d’accordo anche il regista — ma della maniera in cui ha cambiato il nostro modo di guardare gli uomini e di considerarli “oggetti”, e di come ha alterato il mio modo di pensare e di vivere Los Angeles: in questo, la sua influenza è stata enorme e innegabile.
Il film è ambientato nella Los Angeles del 1979, i cui abitanti mangiano da Ma Maison e Perino’s e Scandia e Le Dome — e Julian Kay, il personaggio a cui si riferisce il titolo, vive in un appartamento chi di Westwood, veste Armani, percorre le strade vuote su una Mercedes cabrio e si guadagna da vivere prostituendosi per donne ricche più vecchie di lui battendo la Polo Lounge del Beverly Hills Hotel, ed è straordinariamente bello — la pellicola cattura Richard Gere all’apice della sua bellezza, quando aveva trent’anni ma sembrava più giovane. Julian ha due magnaccia che gli danno da lavorare: una è una donna bionda, una divorziata che vive a Malibu, interpretata da Nina Van Pallandt, e l’altro è un nero grande, grosso e cattivo interpretato da Bill Duke, che vive in un attico del West Side tappezzato di stampe di Warhol. Non siamo certi che la donna sappia dell’altro pappone — forse all’inizio ha importanza oppure no, ma quello che conta è che Julian è un capitalista felice e superficiale con un vissuto davvero minimo. Si limita a esistere, fluttuando in questo suo mondo, un attore. A un certo punto dice a qualcuno di essere nato a Torino, ma non sappiamo se sia vero perché nella scena precedente ha mentito a un cliente sostenendo di essere stato da giovane un addetto alla manutenzione della piscina del Beverly Hills Hotel. La svolta della trama scatta quando Julian viene accusato di omicidio, e American Gigolo diventa un thriller investigativo. Dal punto di vista narrativo è un espediente standard, e la vicenda si risolve in modo chiaro e semplice. Ma non importa perché è l’estetica del film a essere così seducente e sbalorditiva.


Al di là delle riflessioni e dei ricordi di BEE, non si ricorda mai abbastanza che la colonna sonora del film è firmata da Giorgio Moroder. E che tra i pezzi che la compongono spicca uno dei capolavori di Blondie.


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