Nella casa dei tuoi sogni

Esce in questi giorni un bellissimo romanzo la cui lavorazione mi ha tenuto compagnia per quasi tutta la durata della quarantena. Si intitola Nella casa dei tuoi sogni, lo ha scritto Carmen Maria Machado, è stato tradotto con tanta cura e sapienza da Monica Capuani ed è pubblicato dalla casa editrice Codice.



Nella casa dei tuoi sogni è un memoir duro e tenero, divertente e disperato, che «racconta lo smarrimento e la solitudine di trovarsi in una relazione segnata dall’abuso psicologico, e allo stesso tempo ci consegna, oltre a una toccante autobiografia, una profonda riflessione sulla scrittura».
Sono stato molto indeciso su quale citazione scegliere per festeggiarne l’uscita in libreria, e alla fine ho optato per un breve passaggio che si incontra nelle prime pagine del libro, quando l’atmosfera è ancora serena e il dramma della protagonista, che pure già si intuisce sullo sfondo, non è ancora a fuoco. Poche righe che tratteggiano una scena marginale, di nessuna rilevanza per la storia, ma in cui capita una coincidenza non molto frequente. Ossia che chi scrive citi una serie di cose molto care a chi legge, in sequenza, una dietro l’altra. Come se l’autrice avesse deciso di fare una sorpresa al lettore, che in effetti rimane interdetto da quel regalo inaspettato.
Nel caso specifico, si tratta di un breve ma intenso elenco di film. E di un gruppo musicale.


Adam, l’amico adorato che lavorava nel cinema di zona e portava a casa i sacchetti di popcorn vecchi di un giorno da buttare via per poterti far vedere film che i tuoi genitori non ti avrebbero mai lasciato guardare: Memento, Dancer in the Dark, Pulp Fiction, Mulholland Drive e Y tu mamá también. Adam ha masterizzato per te moltissimi cd. Alcuni erano troppo strani per i tuoi gusti. C’era un gruppo che distruggeva semplicemente gli strumenti nei microfoni, e tu alzavi gli occhi al cielo e dicevi: «Che cosa idiota». Ma poi a gennaio la madre di Adam vi portò tutti e due a Philadelphia a vedere il concerto dei Godspeed You! Black Emperor. Il gruppo cominciò tardi, e voi vi rannicchiaste una attaccato all’altro dividendovi una felpa col cappuccio. Era una musica bizantina, caleidoscopica, indicibilmente bella. Tu non sapevi neanche come parlare di quel misto di audio e sound, di come ti sentivi inondata dalla sinfonia che creava e che ti faceva vibrare in ogni parte del corpo. Una volta Adam scrisse un racconto su di te e più tardi una canzone, quando partisti per andare al college. Non sapevi che fartene dell’amore di Adam, e dell’affetto solido e incondizionato che conteneva.

 

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