Nel centro del mondo

«Un giorno, a dodici anni, avevo scalato un traliccio dell’alta tensione, sulla vetta di un monte. Ero salito senza mai guardare in basso. Giunto finalmente in cima, ritto sulla piattaforma, ridiscendere mi era sembrato complicato e pericoloso. Le catene montuose si estendevano a perdita d’occhio, coronate da nevi eterne. Sarebbe stato molto più semplice fermarsi lì o buttarsi di sotto.»

Michel Houellebecq, Piattaforma. Nel centro del mondo,
trad. it. di Sergio Claudio Perroni, Bompiani 2001

 

In un articolo incluso nel recente Cahier, una monumentale antologia di saggi e testimonianze sull’autore francese pubblicata di recente da La nave di Teseo, il critico letterario Fréderic Beigbeder definisce Piattaforma il romanzo più divertente e cupo di Houellebecq, avanzando anche l’ipotesi che il ricordo di quella salita sulla cima del traliccio sia autobiografico.

Il padre di Houellebecq faceva la guida in alta montagna. E quella vertiginosa impotenza è la nostra. L’umanità si è arrampicata su un grattacielo e si sente paralizzata quando guarda dalla finestra. Il mondo si autodistrugge. Il futuro è un precipizio. Il passato è cancellato. Siamo tutti prigionieri della piattaforma su cui siamo saliti senza essere capaci di ridiscendere.

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