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In effetti il mio era amore

L’estate paradisiaca del 1981, l’ultimo anno di liceo, i Blondie alla radio, la bamba sul tavolo, i Wayfarer sempre addosso, i club dove passavi le serate e che ora non ci sono più.
Poi settembre, la comparsa di Robert Mallory e del Pescatore a Strascico, la paura, il terrore, «la lenta discesa sulla città di una sorta di follia», il vuoto, la voglia di sparire qui.
Quindi la rimozione.
Infine, a quarant’anni di distanza da quegli eventi spaventosi, il bisogno di ricucire i pezzi.
Tutto, e tanto di più, tenuto insieme da un unico elemento: la tua commovente bravura.


Thom Wright e Susan Reynolds uscivano insieme dal secondo anno di liceo — e ormai erano la coppia più popolare non solo nella nostra scuola ma in tutto il corpo studentesco della Buckley dopo che in giugno Katie Choi e Brad Foreman si erano diplomati, e il perché era evidente: Thom e Susan erano disinvoltamente belli, superamericani, capelli biondo scuro, occhi verdi, abbronzatura perenne, e c’era un che di logico nel modo in cui erano gravitati inesorabilmente l’uno verso l’altra per poi muoversi dappertutto come una cosa unica — erano quasi sempre assieme. Entrambi provenivano da ricche famiglie di L. A. ma i genitori di Thom erano divorziati e suo padre si era trasferito a New York, e solo in occasione di quei viaggi a Manhattan in cui faceva visita al padre Thom non si trovava a stretto contatto con Susan. Furono innamorati per circa due anni, fino all’autunno del 1981 quando uno dei due non lo fu più, cosa che mise in moto una serie di eventi spaventosi. Io mi ero infatuato di entrambi ma non ammisi mai né a lui né a lei che in effetti il mio era amore.


Bret Easton Ellis, Le schegge, traduzione di Giuseppe Culicchia, Einaudi 2023, p. 27.

 

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