Antonio Bortoluzzi – Come si fanno le cose

«Sopra Massimo si chiude il nero totale, e la corda si tende. Valentino non può fare altro che dare fune e tubo azzurro. E sperare. Ha talmente tante cose da sperare che non riesce a metterle in fila per dare loro una priorità: aria, non incastrarsi nel collettore di passaggio o nei tubi di rilancio, non tossire e arrivare alla vasca numero due. Che il pozzetto del pavimento dell’ufficio bilancio ci sia o non ci sia non gli interessa più. È appena l’una di notte, sulla terra. Ma per loro è iniziata l’ora spaziale, e quella ha istanti eterni.»

 

Lungo il fiume Piave, tra capannoni e ditte artigianali ormai prive del vigore di un tempo, ha sede la Filati Dolomiti, fabbrica sfiancata, come molte, dalla crisi degli anni Duemila. È qui che lavorano Valentino e Massimo, due cinquantenni addetti alla manutenzione dei macchinari. Disilluso e nostalgico il primo, esuberante e roso da una rabbia latente il secondo, i due hanno visto passare su di sé e sugli altri operai le macine della recessione, con la cassa integrazione, i tagli e la mobilità volontaria, fino a un incendio che per poco non li condannava allo stesso tragico destino patito dagli operai della Thyssen.
Quando una ditta orafa gestita da persone rampanti e senza scrupoli apre i battenti in quello che un tempo era un magazzino della Filati Dolomiti, Massimo e Valentino – conoscendo anfratti e segreti dell’azienda – decidono di preparare la rapina con cui procurarsi l’oro necessario per realizzare il loro sogno: abbandonare il logorio e le miserie della fabbrica e rilevare un agriturismo sui monti, per iniziare una vita nuova, più giusta.
In queste pagine folgoranti e avvincenti, attraverso la storia di due operai in cerca di riscatto, Antonio G. Bortoluzzi racconta le Dolomiti che cingono le valli del bellunese e sembrano sorvegliare le aree produttive nate dopo la tragedia del Vajont. Un romanzo di montagna, di industria, di avventura e, in fondo, d’amore.