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Ali X

Qualche settimana fa sono andato al cinema a vedere Apocalypse Now – Final Cut, la versione del capolavoro di Francis Ford Coppola nel montaggio ritenuto migliore dallo stesso regista. Essendo un evento speciale, gli organizzatori hanno pensato bene di introdurre la proiezione al pubblico in sala, e il gravoso compito è spettato a un giovane e preparatissimo studente di cinema che ha esordito confessando tutto il suo imbarazzo nel presentare un’opera di tale importanza. «Cosa posso dire, io, a proposito di questo film che non sia già stato detto da altri?» si è legittimamente chiesto il relatore, che peraltro, pochi minuti dopo, avrebbe dimostrato di sapersela cavare in maniera egregia, fornendo agli spettatori una serie di spunti mai banali.


Traduzione di Lorenzo Vetta
66thand2nd 2019

Questo piccolo aneddoto mi è tornato in mente ieri sera, mentre mi immergevo di nuovo nelle pagine di Muhammad Ali, la vita, la monumentale biografia scritta da Jonathan Eig di quello che è universalmente riconosciuto come uno dei più importanti uomini del Novecento.
Ho dedicato alla revisione dell’ottima traduzione di questo libro, opera di Lorenzo Vetta, circa tre mesi della scorsa primavera (il libro è uscito nel maggio del 2019 per conto di 66thand2nd) e ora, a distanza di quasi un anno, mi hanno invitato a presentarlo a Bologna, il prossimo 22 gennaio. Ho accettato ben volentieri, ma un minuto dopo ho realizzato che avrei dovuto studiare, e tanto, perché le quasi 800 pagine di Eig e la statura dell’uomo di cui si parlerà non consentono improvvisazioni: bisogna andare preparati.
E poi dentro il mio cervello ha cominciato a farsi spazio lo stesso tarlo del giovane studente di cinema alla prese con Apocalypse Now: «Cosa potrò mai aggiungere, io, sulla vita di un uomo a proposito del quale si è già detto tutto e il contrario di tutto?».



Così, da qualche giorno a questa parte, ho la fortuna di potermi dedicare a una cosa che in genere chi fa il mio lavoro non può permettersi: ritornare sul luogo del delitto. Ossia, rileggere un libro a cui si è lavorato mesi prima, un lusso inimmaginabile visto il ritmo frenetico a cui costringe il bulimico succedersi delle pubblicazioni. E in questo caso non si tratta solo di rileggere, ma addirittura di sottolineare, appuntare, memorizzare. In una parola, di studiare, come ai tempi del liceo e dell’università.
Quando si ha questa fortuna, nove volte su dieci accade quello che mi è successo quella sera al cinema, mentre rivedevo per l’ennesima volta uno dei miei film preferiti: ti accorgi di cose che mai, fino a quel momento, avevano colpito la tua attenzione; noti particolari che fin lì avevi completamente trascurato; memorizzi fatti, per quanto piccoli, che in passato non avevi reputato degni di attenzione e che ora, invece, per qualche misterioso motivo ti colpiscono e ti si conficcano in testa.
In merito alla vita di Muhammad Ali ne cito solo uno, relativo al suo controverso rapporto con Malcom X.

È il 1964, Cassius Clay si è appena laureato campione del mondo dei massimi, il più giovane della storia, battendo il terribile Sonny Liston per abbandono alla settimana ripresa, e poche settimane più tardi ha ufficialmente abbracciato la religione musulmana diventando a tutti gli effetti membro della Nation of Islam e cambiando il suo nome in Muhammad Ali, “degno di elogio” e “nobile”.
Un ruolo importante in questa conversione è stato svolto dal suo grande amico Malcolm X, ma ora, nella primavera del 1964, il rapporto tra i due sta attraversando una grave crisi perché Malcolm X, entrato in forte contrasto con il capo della Nation of Islam, Elijah Muhammad, è in procinto di abbandonare l’organizzazione e di fondarne una tutta sua.
Per Ali è giunto il momento di scegliere: seguirà il ribelle Malcolm o rimarrà fedele al venerabile Elijah?
Ali opta per quest’ultimo, cosa che, inevitabilmente, pone fine alla sua amicizia con Malcolm.



Nel maggio di quell’anno Malcolm X e Ali, entrambi in viaggio in Africa (per il campione è la prima volta), si incontrano casualmente all’hotel Ambassador di Accra, capitale del Ghana. Sono passati tre mesi dall’incontro con Sonny Liston, Ali da allora non si è più allenato, è in sovrappeso ma estasiato per tutto l’affetto di cui è circondato ovunque vada. Tra lui e Malcolm è già sceso il gelo, ma il conflitto non è ancora salito alla ribalta.
Eig ricostruisce così quell’incontro fortuito.

«Fratello Muhammad!» gridò Malcolm attraverso la lobby. «Fratello Muhammad!».
Malcolm indossava una tunica bianca e reggeva un bastone da passeggio. Si era lasciato crescere la barba. Ali salutò con freddezza il suo vecchio mentore.
«Hai abbandonato l’Onorevole Elijah Muhammad» disse. «È stata la scelta sbagliata».
Malcolm non rispose.
Una volta che questi si allontanò, Ali si mise a sparlare di lui.
«Ehi amico, ma l’hai visto?» chiese al suo compagno di viaggio, Herbert Muhammad, il figlio di Elijah. «Con quella strana tunica bianca, la barba lunga e il bastone da profeta? Mi sembra andato. Mi sembra completamente andato. E questo, Herbert, è la conferma che Elijah è il potente! Nessuno ascolta più Malcolm».
Non era la maniera di trattare un amico, ed era un indizio della complessità e delle contraddizioni del pugile. Dalle profondità del gentile e leale Ali, del gioviale Ali, spuntava l’Ali crudele, il giovane egocentrico e insolente che divampava di rabbia quando si sentiva minacciato.

Uno dei pregi maggiori del libro di Eig è proprio quello di non fare mai sconti alla complessità e contraddittorietà di un uomo che è stato troppo spesso osannato in maniera incondizionata e acritica. Eig ama Ali, ma di un amore sempre lucido, a tratti severo, a volte inflessibile. Di un amore giusto.
Il 21 gennaio 1965, qualche mese dopo quel fortuito incontro nella hall dell’Ambassador di Accra, Malcolm X viene assassinato durante un discorso pubblico a Manhattan, all’età di 39 anni, con sette colpi di arma da fuoco. Per il suo omicidio verranno arrestati tre membri della Nation of Islam — Talmadge Hayer, Norman 3X Butler e Thomas 15X Johnson — e in seguito saranno fatti altri nomi sui mandanti, tutti appartenenti all’organizzazione capeggiata da Elijah Muhammad.
Eppure, ancora due mesi dopo l’attentato, intervistato dalla WRKB-TV, Ali dimostrava di non avere pietà nemmeno per la memoria dell’ex amico:

A lui non ci penso nemmeno. Non è nient’altro che un ex drogato, un ex carcerato, un avanzo di galera senza alcuna istruzione, che non sa né leggere né scrivere, che ha sentito parlare dell’Onorevole Elijah Muhammad, che l’ha tirato via dalla strada, che l’ha pulito e istruito abbastanza perché potesse discutere… Non è più Malcolm X. È soltanto Malcolm Little. Niente di che, un niente.

Solo a decenni di distanza l’ex pugile avrebbe confessato che aver voltato le spalle a Malcolm X rappresentava uno dei rimpianti più grandi della sua vita.

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