Quando Kaczynski incontra ChatGpt

«Il berserk americano, come lo chiamava Philip Roth, scorre come un fiume infuocato sotto qualsiasi strada.
Un uomo armato o un attentatore solitario vi attingono con regolarità per diventare un eroe popolare o un antieroe.»

Maxim Loskutoff intervistato da Enrico Rotelli, La Lettura del Corriera della Sera, 15 dicembre 2024



Le persone che mi vogliono bene sono al corrente che da circa un trentennio subisco anch’io la fascinazione di Theodore John Kaczynski (e il motivo, come già ipotizzato, consiste forse nel fatto che «c’è un po’ di Unabomber in ciascuno di noi»).
Di recente, perciò, ho ricevuto in regalo Old King, romanzo di Maxim Loskutoff — tradotto da Francesco Cristaudo e pubblicato da Black Coffee nelle ultime settimane del 2024 — che, tra le tante altre cose, tratteggia il personaggio Kaczynski da una prospettiva inedita: quella di un immaginario vicino di casa, il quarantenne Duane Oshun, che nell’estate del 1976, dopo aver divorziato dalla moglie, si trasferisce in Montana e decide di costruirsi una casetta nel bosco a poche centinaia di metri dalla capanna dell’enigmatico e solitario (ma apparentemente innocuo) Ted, in quel frangente agli inizi della sua parabola criminale.
Come tutti i bei romanzi, tuttavia, Old King è molto più ampio della vicenda da cui trae spunto, perché attraverso tre principali tipologie di personaggi — «i sognatori, coloro che tornano alla terra e vogliono crearsi una nuova vita nella natura; i salvatori, che vogliono salvare ciò che resta della natura selvaggia; e i distruttori, che vengono per vendicarsi della società che odiano» — racconta quell’America rurale che dai boschi del Montana ha finito prima per assaltare Capitol Hill e poi per specchiarsi nell’attuale inquilino della Casa Bianca.
L’America «del dopo-tutto: dopo l’innocenza, dopo la fiducia nel progresso, dopo l’illusione che basti spostarsi in campagna per salvarsi».


Il primo dei due virgolettati appena riportati è dell’autore del romanzo, intervistato da Enrico Rotelli sulla Lettura del «Corriere della Sera».
Il secondo è invece di ChatGpt, a cui ho chiesto di recensire il libro perché mi divertiva molto l’idea che a farlo fosse un’intelligenza artificiale, ovvero la (finora) più perfetta esemplificazione degli incubi e delle ossessioni di Kaczynski — chissà quanto spazio le avrebbe dedicato nel suo manifesto, La società industriale e il suo futuro, di cui qualche tempo fa è uscita una ri-edizione plus pubblicata da D Editore, con tanto di shopping bag incendiaria in omaggio, a ulteriore testimonianza dell’ammiccamento piccolo-borghese di cui il personaggio Unabomber continua a essere destinatario da parte di ampi settori della cultura pop1.



Old King però, dicevamo, è molto più di un romanzo su Unabomber.
Contribuisce, per esempio, a disvelare la «grande idiozia» che si cela dietro il mito naïf — un tempo confinato nei bar di paese e oggi sdoganato in prima serata televisiva da chi quei bar li ha da sempre frequentati — della re-immersione nella natura selvaggia dove ritrovare l’essenza di sé derubata dall’estremismo tecnologico.
Ancora Loskutoff, nella già citata intervista:


Cavalli all’orizzonte che galoppano all’ora del tramonto. La tesa scura di un capello da cowboy. Un vecchio allevatore che strizza gli occhi da lontano. È l’ultimo baluardo della percezione di autenticità del maschio bianco. […] In un posto come il Montana essere autentici vorrebbe dire vivere in armonia con un clima rigido e un ecosistema delicato, ma non abbiamo una mitologia adeguata per celebrare uno stile di vita simile.


E ancora ChatGpt: «C’è una tensione profonda, quasi biblica, tra il desiderio di sparire e quello di essere visti. L’eremitaggio come protesta, ma anche come forma estrema di visibilità».
O di narcisismo, verrebbe da aggiungere. Il lato tossico della natura selvaggia, per riprendere il titolo di un’altra intervista all’autore, questa volta apparsa sul manifesto: «Indago l’anima di questi luoghi da così tanto tempo che quasi non ricordo più quando ho iniziato. Prima ho immaginato che vi fossero dei mostri nel bosco, poi, dopo la cattura di Kaczynski, ho capito che erano reali».


E per finire, restando in tema di meriti, quello che più ho apprezzato: lo sguardo disincantato che Loskutoff getta sul distruttore, emendato dalle stucchevoli strizzatine d’occhio che così spesso accompagnano il ritratto autoriale del ribelle-solitario-in-lotta-contro-la-società-di-cui-è-vittima.
Una lucida messa a fuoco che, peraltro, garantisce ottimi risultati anche sul piano narrativo, perché finisce per rendere il distruttore ancora una volta irresistibile (almeno sul piano letterario):


Ted aveva in programma di passare il pomeriggio in uno dei suoi accampamenti a provare una nuova tecnica per impacchettare le schegge ma, col mal di testa che aveva, il suo piano era rovinato. Entrò in casa, chiuse la porta e l’oscurità gli fece provare subito sollievo. Salì sul letto, ripensò alla visita di Duane del giorno prima e provò una tristezza inaspettata. Si chiese se in un mondo parallelo avrebbero potuto essere amici. Anche con Hutch. Tutti e tre a vivere insieme su quella strada, ad aiutarsi l’uno con l’altro. Soffrì per un attimo la dura solitudine della sua vita. Se avesse vissuto mille anni prima non avrebbe dovuto dedicare le giornate a combattere la tecnologia, fabbricare bombe e scrivere i suoi pensieri in un codice elaborato.
La questione lo infastidiva e si coprì gli occhi col cuscino. Sentì un’ondata di autocommiserazione. Perché aveva scelto una strada così solitaria? Pensò a suo fratello, assorbito dal mondo dei microonde, delle lavapiatti e delle sitcom. Pensò a Duane che radeva al suolo il bosco col suo stupido cappellino rosso, bianco e blu. E a Hutch, che teneva un gufo in soggiorno e fingeva che gli animali che salvava fossero suoi amici.
Non credere di essere un idiota solo perché loro lo sono, si disse. Rievocò ricordi dolorosi — gli interrogatori a Harvard, le pareti sottili ad Ann Arbor — per scacciare il desiderio. Ma una parte di lui voleva una vita ordinaria: essere un idiota fra gli idioti, guardare le partite al Wilderness Bar, fare un lavoro normale, uscire con le ragazze. Invidiava gli uomini più patetici per i loro piaceri più semplici. «Per quello è troppo tardi» disse ad alta voce. Decisamente troppo tardi. Si premette il cuscino sulla fronte e si rintanò nel dolore e nell’oscurità, deciso a lasciarsi l’autocommiserazione alle spalle una volta riemerso da lì.
[…]
Il cielo nero era puntellato di stelle simili a pezzi di vetro esploso, e ogni scheggia ardeva di calore residuo. Ted si fermò accanto a una pietra che affiorava dal torrente per guardare giù verso la valle e poi in alto verso la Via Lattea, pensando che era stata un’esplosione a creare tutto quanto. Ogni atomo, ogni roccia, ogni essere vivente e ogni galassia erano deflagrati da un punto solo. La natura era l’attentatore originario, lui stava solo proseguendo il lavoro. Provò a immaginarsi la festa la casa di Jackie e gli tornarono in mente gli ultimi club di Harvard; quando la sera tardi tornava a casa dalla biblioteca teneva la testa china, temeva che gli studenti ubriachi della confraternita lo sfottessero. Proseguì ghignando fra sé. Il sentiero di caccia che seguiva era un filo pallido illuminato solo dagli astri. Sorpassò un branco di cervi muli che dormiva in una valle ricoperta d’erba. Uno sollevò la testa per guardarlo ma non accennò a fuggire; un’intimità strana e tranquilla. Un gufo chiurlò in lontananza. A volte Ted sentiva un’altra presenza che gli strisciava alle spalle, ma quando si girava non trovava nulla.





1 Sì, ho interpellato ChatGpt anche su quest’ultimo aspetto — «Cara chat, perché, a tuo parere, la figura di Kaczynski e il suo manifesto continuano a esercitare così tanto fascino sulla cultura di massa occidentale?» — ma preferirei sorvolare sulla discussione che ne è nata, fatta eccezione per questo breve estratto della sua risposta: «La fascinazione per Kaczynski è un tabù culturale che torna periodicamente. Un uomo che ha ucciso, e quindi condannabile senza riserve, eppure… Eppure la sua figura continua a esercitare un’attrazione oscura. Perché il suo gesto – folle, criminale, irrimediabile – si innesta su un terreno che ci riguarda tutti: l’invasività della tecnologia, la perdita di autonomia, la solitudine mascherata da connessione. Old King non redime il terrorista, ma guarda in faccia ciò che lo ha generato».

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